Ci sono persone che entrano nelle nostre vite in modo viscerale, che mettono disordine nelle nostre radicate certezze e le rimodulano in modi fantasiosi e imprevisti lasciandoci presagire che un altro mondo è possibile; persone che quando se ne vanno lasciano un vuoto solo in apparenza, perché in realtà rimangono presenti nel troppo pieno che hanno creato e che ormai ci appartiene. Daniela De Agostini era una di queste.
Una lunga e estenuante malattia ha sconfitto le sue energie e la sua intensa voglia di vivere il 10 dicembre 2011. Aveva studiato a Torino, la sua città natale, laureandosi nel 1974 con una tesi di critica genetica sul Temps retrouvé di Proust: una metodologia e un autore che avrebbero poi orientato le sue ricerche successive. Le borse di studio a Parigi presso l’Ecole Normale Supérieure per tre anni non consecutivi dal 1975 al 1984, il ruolo di esercitatrice presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Torino dal 1976 al 1978, il conseguimento della Full Teaching Assistantaship presso la Catholic University of America di Washington dove è rimasta dal 1980 al 1983 la porteranno successivamente a Urbino chiamata dal professor Giovanni Bogliolo. Qui, all’incarico a contratto di Filologia Francese per sette anni consecutivi farà seguito nel 1992 l’entrata in servizio come professore associato di Letteratura Francese sempre presso la Facoltà di Lingue.
Proprio a Urbino, dove si era quindi definitivamente trasferita, Daniela ha dato dimora alla sua anima nomade e cosmopolita senza rinunciare a quegli innumerevoli viaggi che, assieme allo studio, rappresentavano per lei le principali attrattive. Se le numerose fotografie di cui era fiera testimoniano l’amore per l’avventura, per i luoghi insoliti fuori dai comuni circuiti turistici, le sue pubblicazioni danno prova di altrettanta curiosità verso mete di ricerca inesplorate che, nella loro varietà, gravitano attorno al principale centro di interesse e convergenza: l’opera di Marcel Proust. All’autore della Recherche, del quale ha curato diversi scritti, ha dedicato dal 1985 studi ben documentati indagando il mito dell’angelo (dal titolo di una monografia dedicata anche a Balzac e Zola), la funzione metaforica del personaggio di Albertine, il tema botanico, la concezione del tempo, la ricezione in Italia dell’opera dell’autore da parte, ad esempio, di Lorenza Maranini. Con il medesimo approccio comparatistico e genetico-testuale Daniela De Agostini ha attraversato l’opera di autori di secoli diversi, in particolare sull’Ottocento e sul Novecento letterario francese con incursioni nel Medio Evo e nel Cinquecento: da Racine a Rousseau sino a Balzac, Zola, Merimée, Tournier, Gracq, e interessandosi, in epoca più recente, alla commistione tra le arti e la letteratura. Il rigore metodologico e filologico, la vasta erudizione e la finezza analitica caratterizzano anche le sue molteplici curatele e traduzioni manifestando una passione per la ricerca e lo studio che non cessava di trasmettere ai suoi studenti.
L’attività didattica rappresentava per lei un momento di trasmissione del sapere e di comunicazione di una passione che non si fermava all’aula universitaria. I corsi di teatro francese da lei promossi, le manifestazioni di vario tipo e i viaggi a Parigi con gli studenti facevano parte, ai suoi occhi, di un’affettuosa attenzione verso lo studente non formalizzata da alcun obbligo accademico e forse, proprio per questo, ben più stimolante da parte di chi, come lei, guardava con un certo disincanto le norme istituzionali.
Ed è proprio il filo invisibile della passione a collegare l’attività della studiosa a quella della docente e della persona, capace di parlare di Proust con la stessa affabilità e familiarità con cui raccontava l’ultima festa da lei organizzata nella sua bella casa di campagna di Urbino dove, da elegante domina del Montefeltro, amava accogliere generosamente i colleghi e trasformarli in amici.
La progressione inesorabile della malattia non ha impedito a Daniela l’acquisto di una bella casa a Parigi, sempre a disposizione di amici e colleghi, e la pubblicazione di altri scritti, tra cui un ultimo volume su Balzac e la sua modernità il cui titolo Accordi armonici ci dice anche qualcosa su chi l’ha scritto. Unico regret, forse, un viaggio in Patagonia per ricongiungersi idealmente con il suo avo, il padre missionario Alberto Maria De Agostini, che nei primi anni del Novecento aveva esplorato quelle terre, e per compiere, così, un viaggio a ritroso dove ritrovare le radici della propria curiosità verso il nuovo.
Questi ultimi anni di sofferenza non hanno dunque spento le sue passioni, anzi sembrano aver accelerato la realizzazione di quei desideri che rimanevano silenti e che la paura della finitudine ha reso incalzanti: la studiosa del Tempo Ritrovato sentiva di non avere tempo da perdere.
Margareth AMATULLI